La vulvodinia è una patologia neuropatica che colpisce la vulva, cioè gli organi genitali femminili esterni. Si tratta di una problematica ginecologica piuttosto diffusa, eppure ancora misconosciuta e poco diagnosticata. La letteratura scientifica la descrive, tra il 1888 e il 1929, generalmente come un’estrema sensibilità che porta a dolore, ma senza manifestazioni esterne visibili. Per 5 decadi, dal 1929 al 1974, non ci sono menzioni di questa condizione nei testi medici. Durante il congresso mondiale del 1975, la vulvodinia viene definita come “Burning Vulva Syndrome” dall’International Society for the Study of Vulvovaginal Disease (ISSVD).
Abbiamo chiesto al Prof. Oronzo Ceci, dell’Ambulatorio di Ginecologia del Centro San Camillo di Bari, cos’è la vulvodinia, quali sono i sintomi che la contraddistinguono, come viene diagnosticata e trattata.
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Cos’è la vulvodinia
La vulvodinia è un dolore vulvare cronico, della durata di almeno 3 mesi, senza una chiara causa identificabile, che può avere potenziali fattori associati. Tra questi troviamo:
- co-morbidità e altre sindromi dolorose (sindrome della vescica dolorosa, fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile, disturbo temporomandibolare);
- fattori genetici o ormonali;
- infiammazione;
- problematiche muscoloscheletrico (iperattività dei muscoli pelvici, sindrome miofasciale);
- fattori psicosociali;
- problemi strutturali (discesa del perineo).
Con la vulvodinia non vanno confuse altre patologie che possono portare a sintomi dolosi simili:
- infettive (candidosi ricorrenti, herpes);
- infiammatorie (lichen sclerosus, lichen planus, disturbi immunobollosi);
- neoplastiche (malattia di Paget, carcinoma a cellule squamose);
- neurologiche (nevralgia post-erpetica, compressione o lesione del nervo, neuroma);
- traumi (escissione genitale femminile, trauma di natura ostetrica);
- problematiche iatrogene, cioè derivate dall’uso di farmaci (post-operatorio, chemioterapia, radioterapia);
- carenze ormonali (sindrome genito-urinaria della menopausa, amenorrea da allattamento).
Sintomi e diagnosi
Il sintomo principale della vulvodinia è il dolore nella zona genitale, che può essere caratterizzato anche da:
- bruciore;
- prurito;
- dolore pulsante;
- rapporti sessuali dolorosi.
Il dolore può essere generalizzato (con più aree della vulva coinvolte), localizzato (clitoridodinia, emivulvodinia) o misto (localizzato e generalizzato). Può essere da contatto, spontaneo e di entrambi i tipi, intermittente o persistente.
Il tessuto potrebbe apparire leggermente infiammato o gonfio ma, più spesso, appare normale. Per questo, in caso di sintomi, è fondamentale parlare con il proprio medico curante o con il ginecologo.
Il dolore, il bruciore o l’irritazione associati alla vulvodinia, infatti, a lungo andare, possono provocare un grande disagio, anche psicologico, peggiorando notevolmente la qualità della vita.
Dopo una attenta anamnesi, lo specialista procede con un esame pelvico. A questo seguono eventuali tamponi vaginali, indagini strumentali e analisi che consentono di arrivare alla diagnosi, generalmente per esclusione.
Trattamenti
I trattamenti per la vulvodinia si concentrano soprattutto sull’alleviare i sintomi. Le tipologie di trattamento spesso impiegano tempo per produrre risultati, e funzionano meglio se combinate tra loro.
Tra le opzioni:
- farmaci (steroidi, antidepressivi triciclici o anticonvulsivanti per aiutare a ridurre il dolore cronico, antistaminici per ridurre il prurito);
- terapia di biofeedback (per aiutare a ridurre il dolore insegnando a rilassare i muscoli pelvici e controllare la risposta ai sintomi);
- anestetici locali (come unguento alla lidocaina, per fornire un sollievo temporaneo dai sintomi);
- iniezioni locali per il blocco dei centri nervosi;
- riabilitazione del pavimento pelvico (per rilassare i muscoli e alleviare il dolore);
- chirurgia (in caso di vulvodinia localizzata, in alcune donne l’intervento di rimozione di piccole zone di tessuto può alleviare i sintomi).
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