Come funzionano i vaccini a mRNA come Pfizer e Moderna, quanto dura il loro effetto, se AstraZeneca è efficace sulle varianti: abbiamo fatto alla dottoressa Maria Cristina Nocerino, pneumologa del Poliambulatorio Centro San Camillo di Bari, queste e altre domande frequenti sui vaccini anti Covid-19.
Troppo spesso, infatti, su Internet, in trasmissioni tv e sui giornali si è raggiunti da informazioni non scientifiche sulla vaccinazione (oltre che su Coronavirus, contagio e pandemia), poco accurate e senza approfondimento. Abbiamo cercato di fare chiarezza.
Quali sono le differenze tra i vaccini disponibili in Italia?
I vaccini attualmente disponibili in Italia si dividono in vaccini che utilizzano il “vettore virale”, cioè AstraZeneca (Vaxzevria) e Johnson e Johnson (Jehnsenn), e vaccini formulati con la tecnologia dell’mRNA o RNA messaggero, come il vaccino Pfizer (Comirnaty) e il Moderna.
Che significa “vettore virale”?
I vaccini a “vettore virale” sono un tipo di vaccino molto utilizzato (come per esempio per l’influenza). Un vaccino a vettore virale utilizza un virus per portare all’interno della cellula un ‘pezzo’ dell’agente infettivo di cui deve prevenire l’infezione. Nel caso di quello messo a punto da AstraZeneca, il vettore è una versione indebolita dell’adenovirus dello scimpanzè, che contiene il materiale genetico della proteina Spike del Sars-CoV-2, quella che permette di infettare la cellula. Il sistema immunitario si attiva contro la proteina e produce degli anticorpi che, qualora il soggetto entrasse a contatto con il virus, lo proteggeranno dall’infezione. Per Johnson e Johnson il meccanismo è lo stesso, anche se sfrutta un virus differente.
È da precisare che il vaccino non è assolutamente capace di causare alcuna malattia infettiva.
Che cos’è un vaccino a mRNA?
I due vaccini Covid-19 a mRNA approvati per la campagna vaccinale, Pfizer e Moderna, utilizzano molecole di acido ribonucleico messaggero (mRNA) che contengono le istruzioni perché le cellule della persona che si è vaccinata sintetizzino la proteina Spike attraverso la quale il Coronavirus Sars-CoV-2 penetra nelle cellule umane per replicarsi. La proteina prodotta in seguito alla inoculazione del vaccino stimola a sua volta il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici che rappresentano la “memoria immunitaria” contro il virus. Pertanto, in chi si è vaccinato e viene esposto al contagio virale, gli anticorpi così prodotti bloccano le proteine Spike e impediscono al virus l’ingresso nelle cellule.
La vaccinazione, inoltre, attiva anche le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni a Sars-CoV-2.
È da chiarire che il vaccino a mRNA non introduce nell’organismo umano il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve al sistema immunitario per costruire copie della proteina Spike. L’mRNA del vaccino non resta nell’organismo, ma si degrada poco dopo la vaccinazione.
Come avviene la somministrazione?
AstraZeneca viene somministrato in due iniezioni, solitamente nel muscolo della parte superiore del braccio. La seconda dose deve essere somministrata tra 4 e 12 settimane dopo la prima dose. È raccomandato nei soggetti dai 60 anni in poi.
Johnson e Johnson è monodose e dunque non necessita di un richiamo; può essere conservato in frigo senza congelamento, caratteristica che lo rende idoneo a una somministrazione in farmacia. Attualmente è approvato dai 18 anni in su.
Per quanto riguarda la modalità di somministrazione dei vaccini a mRNA, essi vengono somministrati in due dosi; mentre con il vaccino Pfizer la seconda dose viene somministrata a distanza di 21 giorni dalla prima, con il Moderna essa viene eseguita a distanza di 28 giorni.
Quanto dura l’effetto di protezione?
Recenti dati sono stati pubblicati nella Letter to Editor del New England Journal of Medicine inerenti alla durata della protezione anticorpale indotta dai vaccini a mRNA, in particolare Moderna. I risultati di questo studio indicano che gli anticorpi attivati dal vaccino sono presenti per almeno 6 mesi dopo la seconda dose. Tuttavia sono necessari ulteriori studi per quantificare con maggiore certezza la durata della immunità acquisita col vaccino e per individuare la tempistica per un eventuale richiamo vaccinale.
Al momento non è noto per quanto tempo duri la protezione fornita dal vaccino anti Covid-19 AstraZeneca. Le persone vaccinate negli studi clinici continueranno a essere seguite per 1 anno per raccogliere maggiori informazioni sulla durata della protezione.
Quali sono gli effetti collaterali?
Per quanto riguarda i vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna), il 92,4% delle reazioni indesiderate è riferito a eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari.
Con Pfizer sono state osservate anche cefalea, parestesie, vertigini, sonnolenza e disturbi del gusto, mentre con il vaccino Moderna, nausea e dolori addominali. Meno frequenti sono le altre reazioni locali e i dolori articolari diffusi. Come atteso, la febbre è stata segnalata con maggior frequenza dopo la seconda dose rispetto alla prima. Gli eventi segnalati insorgono prevalentemente lo stesso giorno della vaccinazione o il giorno successivo (85% dei casi). Del 7,6% di segnalazioni classificate come “gravi”, per le quali è in corso la valutazione del nesso causale con i vaccini, tre su quattro, afferma l’Aifa, non hanno richiesto intervento specifico in ambito ospedaliero. Le analisi condotte sui dati fin qui acquisiti confermano, quindi, un buon profilo di sicurezza di questi due vaccini a mRNA.
Gli effetti collaterali più comuni con il vaccino anti Covid-19 AstraZeneca negli studi sono stati generalmente lievi o moderati e sono migliorati entro pochi giorni dalla vaccinazione. Gli effetti collaterali più comuni sono dolore e gonfiore al sito di iniezione, mal di testa, stanchezza, dolore muscolare, sensazione generale di malessere, brividi, febbre, dolori articolari e nausea. Hanno colpito più di 1 persona su 10. Vomito e diarrea si sono verificati in meno di 1 persona su 10. Diminuzione dell’appetito, vertigini, sudorazione, dolore addominale ed eruzione cutanea si sono verificati in meno di 1 persona su 100.
Molto rari invece gli effetti più gravi, quasi sempre relativi a coaguli di sangue insoliti con piastrine basse, che si stima si verifichino in un caso su 100mila persone vaccinate.
Da uno studio tedesco emergerebbe che gli episodi trombotici post vaccino AstraZeneca potrebbero essere generati da una condizione di base di predisposizione genetica. Si scatenerebbe così una reazione autoimmunitaria con la produzione di anticorpi anti piastrine e l’attivazione di fattori della coagulazione che determinerebbero il rischio di trombosi cerebrali e di episodi emorragici. La scelta di fissare un limite di età alla somministrazione del vaccino AstraZeneca nasce dall’osservazione che i casi di trombosi venosa cerebrale legata a un calo delle piastrine e a un aumento della proteina d-dimero sono concentrati fra i vaccinati al di sotto dei 60 anni, soprattutto nelle donne, tra i 4 e i 16 giorni dopo l’iniezione.
Esistono controindicazioni ai vaccini anti Covid-19?
Riguardo il problema di eventuali controindicazioni, prima della vaccinazione viene compilata una scheda anamnestica in cui si riportano eventuali patologie e terapie in corso. L’ operatore sanitario esamina la scheda e valuta la fattibilità della vaccinazione.
Costituiscono una controindicazione eventuali precedenti episodi di reazioni allergiche nei confronti di sostanze facenti parte del vaccino stesso (per es. Polisorbato). Invece, non costituiscono controindicazione altre forme di allergie per es. inalanti, alimenti, insetti ecc. Nei soggetti con pregresse reazioni anafilattiche è raccomandato prolungare l’osservazione post vaccinazione a 30 minuti.
Dopo essersi vaccinati si possono abbandonare le misure di protezione finora utilizzate?
Sono attualmente in continua evoluzione studi internazionali per valutare la protezione dal contagio nei soggetti vaccinati con gli attuali vaccini anti Covid-19.
È degli ultimi giorni l’osservazione che una singola dose di vaccino Pfizer o AstraZeneca riduce i contagi del 65%. La somministrazione della seconda dose potenzia ulteriormente la protezione, determinando una riduzione del 90% delle infezioni sintomatiche del 70% delle infezioni asintomatiche. I due vaccini si sono dimostrati entrambi efficaci nel proteggere dalla variante inglese del Coronavirus Sars-CoV-2, con benefici simili in termini di riduzione delle nuove infezioni simili nelle persone più anziane, di età superiore ai 75 anni e sotto i 75 anni, indipendente dalla presenza di condizioni di salute croniche.
Nonostante questo, negli spazi pubblici e nei grandi raduni, anche durante i viaggi, le misure come indossare mascherine, mantenere il distanziamento e igienizzare frequentemente le mani dovranno essere mantenute indipendentemente dallo stato di vaccinazione degli individui.
I vaccini anti Covid-19 offrono protezione nei confronti delle varianti?
I vaccini attualmente disponibili sembrano ugualmente efficaci nei confronti della variante inglese del virus Sars-CoV-2, mentre minori certezze si hanno a riguardo delle altre due varianti più diffuse, quella sudafricana e quella brasiliana.
Tuttavia i vaccini anti Covid-19 a mRNA si è visto indurre la produzione di anticorpi neutralizzanti anche contro la variante sudafricana e brasiliana.
Il vaccino monodose della Johnson&Johnson funziona contro le varianti, sia quella così detta brasiliana che contro la sudafricana, e la sua efficacia per una buona immunizzazione è riscontrabile già dopo il settimo giorno dall’inoculazione.
Anche il vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) garantisce un’efficace protezione dalla variante inglese, un po’ più debole quella contro la variante sudafricana.
Questi sono comunque dati preliminari, in quanto sono ancora in corso studi sulle varianti che periodicamente stanno emergendo nel corso della pandemia.
Patologie respiratorie e vaccini anti Covid-19
La presenza di comorbidità aumenta il rischio sviluppare forme severe di Covid-19 e la probabilità di decesso.
Anche le patologie respiratorie croniche come la BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva) e l’abitudine al fumo predispongono alla insorgenza di polmonite interstiziale e di insufficienza respiratoria acuta da Sars-CoV-2.
Perciò è di prioritaria importanza assicurare ai pazienti pneumologici la profilassi vaccinale.
Secondo i criteri stabiliti per definire le fragilità che danno priorità per la vaccinazione, le condizioni pneumologiche previste dal Piano nazionale sono rappresentate dalla Fibrosi polmonare idiopatica e dalla necessità di ossigeno terapia a lungo termine.
Tale indicazione è stata identificata insieme al Consiglio Superiore di Sanità sulla base di tre elementi: la relativa ridotta numerosità di questa popolazione di pazienti, l’età media comunque generalmente alta e il documentato aumentato rischio di mortalità in caso di infezione con virus Sars-CoV-2.
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– Tel. 080.914.64.94 E-mail: info@centrosancamillo.com
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